domenica, gennaio 29

RITROVAMENTI#1/INTRODUCING JACOPO



Anche se ancora faccio fatica a rileggere la mia tesi, penso sempre al carteggio come a un genere letterario e non semplicemente come a una forma di scrittura privata. In modo simile al libro anche la lettera, una volta che si stacca dalle mani dello scrittore e per quanto diretta a un solo specifico destinatario, non appartiene più a chi l'ha scritta. Non vale in assoluto per tutti gli epistolari privati, ma comunque vale per molti.

Nel frattempo, qui nella casa-corridoio e anche in classe, sono tornati i bulbi. 



... è un'amarezza della vita, che non sa darti altro...
... mi sento... mi sento a cavallo tra una maschera e l'altra, strattonato dal più, dal meno, dal per e dal diviso, mi sento a cavallo di una cane chiamato "Fuffy numero immaginario", mi sento un pizzicotto che mi ricorda di essere "Fuffy numero immaginario", mi ricorda di essere una "i" con l'aspetto di un cane che fa cavalcare me stesso.



(...) Comunque non mi permetterei mai di finire il tutto con questo niente: la realtà segue a ruota la fantasia, che sta davanti a tagliare l'aria, assumendo una posizione più aerodinamica di un coltello da pesce.
(...)
Se fin qui mi hai seguito, penso non ci sia bisogno di scervellarsi più di tanto, per scervellare te, che sei costretta a subire, sorbire e assorbire, un cretino di questo calibro, che più procede e più somiglia a un pazzo cervellotico senza cervello. Resta il fatto che io al mare ci vengo con o senza Michele. Se riesco a rimpiazzarlo porto con me un mio fedele, quantomeno fidato, compagno di vita, con cui (a differenza di Michele) posso sperimentare una vera discreta affinità elettiva tra amici. Per la cronaca si chiama Jacopo.

So di non essere stato esauriente per certi discorsi, e di essermi dilungato in un'enormità di cavolate. Ti saluto con tutto il cuore, sperando che dopo riesca a reinserirlo nella cassa toracica da dove l'ho asportato momentaneamente. In ogni modo, ho potuto finalmente osservare ciò che fa vivere me e te, soprattutto.
Dammi un colpo di penna o di telefono... e, se possibile, non in testa.


(Leo, primavera 1997)



giovedì, gennaio 26

BRANCHES


Questo è il mio ramo, da questo post


Dopo aver realizzato il mio ramo sono attirata dai rami. 

La verità è che ho rubato l'idea a mio padre quando, nella CasaNelBosco, ha realizzato una recinzione f-a-v-o-l-o-s-a con dei rami freschi a cui semplicemente ha tolto la corteccia limandoli poi senza modificarne la nodosità.
Peccato che viva a seicentochilometri da Peyton.


















martedì, gennaio 24

PROGRAMMI DI CREATIVITA' SCRAUSA







Dopo la seduta di cucito di domenica pomeriggio credo ce ne saranno altre e credo che inizierò realizzando questa gonna che avevo "razionalizzato" tempo fa tra le immagini di cose da mettere sotto la mia irritante macchina da cucire. Mi irrita di più da domenica scorsa proprio perché non è moderna come quella di Vanessa, non va nemmeno indietro e ogni volta, per trasportarla, dovrei chiamare un'agenzia di traslochi. Per non parlare del fatto che il pedale ha già preso fuoco due volte. Perciò mi produrrò in un acquisto abbastanza prossimo per rendere più agile l'espressione della mia scrausità creativa.


Dopotutto si tratta di una gonna a portafoglio (o meglio, "a portafoglio" mi sembra piuttosto il risultato finale, perché è chiaramente composta da due pezzi: uno davanti più corto e uno dietro più lungo, magari asimmetrico) senza pinces e probabilmente chiusa da qualche parte in qualche modo. Forse una cerniera, ma dove? Oppure con un bottone di lato, nel punto in cui si sovrappone il tessuto.

O forse il tessuto è elastico e io sono così nonna da non averci pensato subito.



sabato, gennaio 21

RAZIONALIZZARE


Una delle mie parole preferite e forse quella che uso più spesso in molti contesti è “razionalizzare”. 
Mio padre ha provato per anni a insegnarmi a farlo e ha ottenuto scarsissimi risultati anche se questa continua insoddisfazione razionalizzante per me è molto positiva: anziché scoraggiarmi mi spinge a provare e riprovare.
Una delle tante cose che non riesco a razionalizzare come vorrei è il contenuto di zio Mac, eppure tra le immagini indelebili della mia infanzia, a causa del lavoro del Max, c'è la schermata di Dos.
Per questo ho adorato Pinterest e la potenza razionalizzante a portata del perfetto idiota (come me): tutto ciò che mi colpisce della rete e che potrebbe potenzialmente servirmi da ispirazione futura lo schiaffo in una cartella con una parola chiave senza sovraccaricare il mio hard disk che è già obeso. Questo archivio è pieno di cose frivole ma anche di idee utilissime per la scuola che è il mio pensiero fisso di ogni minuto oltre al mio coinquilino, alla mia famiglia, a Mio Morbidus, ai miei amici e a mille innumerevoli inutilità.
Ecco qualcosa che si può mettere in un achivio online secondo me.
L'idea per la spalliera di un letto e per un vassoio portacolazione DIY.



Uno dei tanti modi per sfruttare un oggetto che io ritengo versatilissimo, il bancale (io li ho usati così per il giardino, la foto invece viene dal blog 79ideas.org).




Lo spunto per un letto a baldacchino DIY e per delle tende con pinces (79ideas.org).




Un modo per non usare le solite lettere prestampate mandate dalle case editrici che campeggiano uguali in tutte le classi prime e magari quelle mollette potrebbero essere colorate dagli alunni stessi (etsy.com).




L'idea per dei vasi per i fiori recisi anche se io non amo i fiori recisi, escluso i tulipani, (countryliving.com).




Cose che si possono mettere come contenitori sulla cattedra, modificando il coperchio dei Bormioli (tutti sanno che adoro i Bormioli) e incollando con l'attack quei fregnetti che si trovano nelle buste in edicola (che quotidianamente sequestro a qualche alunno) dipingendoli con un unico colore insieme al coperchio (ohdeedoh.com):



Un modo originale e monoporzione per presentare le patate al forno: riutilizzando un barattolo di pelati senza etichetta, con un foglio di carta da forno e un ramo di rosmarino.



Un bracciale indiscutibilmente bello da comprare a Parigi (lagarconne.com).







domenica, gennaio 15

DETTAGLI PEYTONANI

Cerco di lasciarmi alle spalle il periodo-invettiva, con l'aiuto di colleghi, coinquilini, amici, famiglia e animali domestici. 
Non lascerò da parte del tutto la questione-grammatica, non solo perché è e spero sarà sempre il mio lavoro ma anche perché questa sezione del mio blog si trasferirà su un'altra piattaforma ospitante in cui io e la mia socia di follie Areta ci occuperemo di grammatica spiegata agli adultini. 
Ma questo solo dopo aver recuperato autostima dopo il periodo di reclusione per l'influenza, dopo aver stirato un po' per togliermi il senso di colpa da faccende domestiche in standby e dopo che avrò le mie scarpe nuove. 




lunedì, gennaio 9

IL LODEN SECONDO FRANCA SOZZANI





Tutto rientra nel mio recente passatempo un po' forzato dalla lunga influenza che mi ha bloccata in casa per diecimila giorni.
Oltretutto erano anni che non passavo tanti giorni di fila, in inverno, a casa mia a Brescia e stando là ho riscoperto le mie passioni invernali. Il negozio di Piazza Duomo è un vero e proprio covo della lana e se non mi fossi ammalata da un giorno all'altro mi sarei preparata un arsenale più vasto per le mie serate peytoniane. In ogni modo dovrei essere a posto per un po'.

Certo se avessi un po' di spazio a disposizione potrei sbizzarrirmi di più, ottenendo tante schifezze creative, magari proprio con tessuti come il loden che la Sozzani, non a caso, tira fuori proprio oggi dal cassetto degli evergreen.

Ecco l'articolo davvero interessante, dedicato a tutti quelli che leggono l'etichetta quando acquistano un capo d'abbigliamento.


Alla radice: lodo, che in un arcaico tedesco si traduce in "balla di lana", e che noi ripensiamo come tessuto grezzo. Di fatto, il loden è un tessuto di lana, località d’origine Tirolo e Alto Adige, prodotto dai contadini che lo filavano e tessevano nei loro masi, fin dal Medioevo. 
Di quel panno di colore grigiastro, come la lana grezza delle loro pecore, si hanno tracce di utilizzo sino al XI secolo, come testimonia il piccolo museo sul loden, a Vandoies.

Diventa invece, e per sempre, un tessuto di moda, quando la fabbrica Möessmer, fondata nel 1882, con l'aggiunta di lana merinos, ne confeziona uno bianco, formato mantello, per l'imperatore Francesco Giuseppe: da panno di contadini si posiziona come tessuto base per abiti da caccia e montagna, precisamente per la nobiltà austroungarica.
L’Imperatore Francesco Giuseppe lo introduce nella corte imperiale di Vienna, e da allora, sempre più ricercato e pregiato, viene richiesto dai nobili di tutta Europa come materiale fondamentale per i più eleganti capi invernali.
La consacrazione industriale porta a Brunico, in Val Pusteria, nella cittadina dolomitica dove il contadino Joseph Beikirken, con l'idea di fondare la fabbrica insieme al lanificio Moessmer, capisce la rivoluzione nell'abbigliamento di fine Ottocento, e ne veste parte del cambiamento. 
In quanto a colori, partiti dal grigio della lana grezza, il tessuto resistente e ruvido, intenzionalmente infeltrito, e dunque impermeabilissimo, si tinge prima di rosso, di bianco e di nero, e solo a fine ‘800, per mimetismo nelle battute di caccia, assume ilcelebre tono verde foresta.
Sono di allora mantelle e cappotti col piegone sulla schiena (modello Ubertus, dal santo protettore dei cacciatori) ancora attuali, erano in loden i capi nella dote delle ragazze, sono in corno di cervo i bottoni originari e caratteristici, e ancora oggi il panno dei pastori non manca nei guardaroba più eleganti.

In era moderna, pseudo contemporanea, è soprattutto negli anni ‘70 che il cappotto in loden ha gloriosamente imperato, fra mantelle e soprabiti di tendenza. In quel decennio la moda ne ha fatto incetta, declinandolo in molteplici versioni, senza trascurare gonne e pantaloni.
In seguito, e a partire da quegli impegnati ’70, il loden è assurto a simbolo intellettuale, vissuto come un capo di sinistra, da professore universitario, avvocato di successo appositamente sobrio nel vestire, insomma il verde ha preso una deriva molto radical chic. Parallelamente, la sua versione più jet set, posizionata tra le montagne, o nelle capitali hot. Cappotti variopinti, che portavano i colori dell'era hippie sessantottina, e la sperimentazione dei tessuti dei primi anni '70, vestono creature della notte, night clubbers che si spostano tra Parigi e Berlino, icone di riferimento Rudolf Nureyev e Helmut Berger, protagonisti anche di straordinarie serate al Palace - lo stile tra Ludwig e Gunther Sachs – tra le nevi di Saint Moritz. 

In ogni caso, il cappotto di loden resta un evergreen, uno dei veri capi senza tempo, capace di conservare, fra le trame del proprio tessuto, i colori dei prati di Woodstock insiem all’avanguardismo modaiolo, senza togliersi mai di dosso un deciso sapore settentesco, che sottintende la caccia come stile di vita.



Loden cabinet de curiosité
Loden. titolo di un racconto di Thomas Bernhard in cui si narrano le ossessioni del commerciante Humer, personaggio  caratterizzato dal un cappotto in panno verde, gli occhielli ricoperti di pelle di capretto nera. 
Perl loden. tipologia utilizzata per pantaloni resistenti agli strappi, indossati nel 1909 dai fratelli Steiner durante la prima ascesa della parete sud del Dachstein. La stoffa, che fu in grado di proteggerli dai bordi taglienti delle rocce, proveniva dalla follatrice di proprietà della famiglia Steiner. Una trama slegata in lana che crea il compatto Perl-Loden, grazie alla semplice aggiunta di acqua calda e sapone (da 400 a 1.000 grammi di pura lana vergine per metro: il tessuto si infeltrisce e si ristringe di circa due terzi rispetto alla lunghezza originaria).

Schladminger Rock. Giacca da uomo con bottoni in corno di cervo e caratteristici risvolti e altrettanto caratteristiche pistagne di colore verde,  indumento di tre chili, che proviene ancora oggi dall’allevamento di pecore sul Dachstein.

Accanto a un abbigliamento di tipo funzionale, la Steiner progetta e produce tessuti Loden leggeri come la seta e versatili, richiesti da case di moda come Yves Saint Laurent, Gucci e Dolce & Gabbana, come pure dai brand sportivi Nike e Adidas. Per uso domestico sono state invece concepite le coperte, colorate e combinate a cashmere, lana merino, alpaca e angora.  


Inverno 1964. Di formato stretto e lunghezza oltre il ginocchio(quindi in anticipo sui Settanta) i cappotti con cintura in lana e in loden, mono o doppiopetto, comunque con grandi revers, disegnati da Emmanuelle Khanh, per conto di Pierre d’Alby.  



Inverno 1973. Sui marciapiedi di Parigi, un’ampia mantella verde foresta accompagna pantaloni a zampa e giacca con berretto di lana a quadretti, gli stessi, la modella accanto veste lo stesso tessuto in color corteccia d’albero, il cappotto è lungo e stretto da una cintura, come da Yves Saint Laurent  Couture ..




Estate 1986. In lana loden il pantalone Yves Saint Laurent indossato dalla modella Tatjana, affacciata da una finestra dell’Hotel Carlton, siamo sotto il sole di Cannes.

Inverno 2011.E’ Peter Dundas, stilista norvegese a capo del Puccipensiero, a rievocare glamour austriaco, castelli di Sissi e favole dei fratelli Grimm, tra corsetti strizzati con fiocchi, loden, flanelle e velluti. Colori e ricami che impreziosiscono lo sprone di un cappotto, il velo trasparente di un abito, i revers di una giacca, trame-tinte-stampe verde loden, giallo ocra, bordeaux, magenta, verde foresta e verde turchese. Molto Settanta, l’uso di panno di lana, velluto, maglia e flanella, e maxi lunghezze. 
  
Campagna Fendi d’ispirazione fauve, con tele e pennelli che omaggiano lo studio di Theodorus Maria Van Dongen. La bionda Anja Rubik diventa un'enigmatica bruna sotto l’obiettivo di Karl Lagerfeld, e indossa trench reinterpretati,  dettagli a tinte vivaci su basi tweed e verde loden, borse retrò. Le ruches come fil rouge: in loden. In loden anche i completi, i cappotti mischiano loden a coccodrillo, tessuto tecnico e tweed.


domenica, gennaio 8

KNITTING TO STAY SANE







Ormai ossessionata dal lavoro ai ferri perché da sempre mi rilassa come nient'altro (o mi ipnotizza, come dice Cecco, che mentre sferruzzo non riesce mai ad attirare la mia attenzione al primo colpo), continuo ad avere superispirazioni. 

Purtroppo per me non sono riuscita a rinunciare alle trecce per la parte davanti del maglione che sto facendo e l'ho lavorato con uno schema superincasinato. Per fare lo schema ho dovuto fare una linea dei numeri lunghissima perché non riuscivo a star dietro ai cambi di diritti e rovesci: tale linea, disegnata su un pezzo di scottex, ora è mutilata perché in un momento di emergenza mi ci sono soffiata il naso. 
Allora come dice mio padre (oltre a "del resto è così"): "ardom, vedom, sperom".
Le foto provengono da Tumblr, Pinteres ed Etsy.





lunedì, gennaio 2

MUSICA

Il blog può essere un canale per far conoscere la propria musica. 
Meno agonizzante di Myspace, meno rischioso di diventare spam fine a se stesso come una pagina di Facebook, magari collegato a un profilo Twitter che è come guardare l'interno di una casa da una finestra senza tende con l'ingenuità di chi crede di violare qualcosa. 
Io però vorrei leggere qualcosa di più di qualche messaggio criptico che introduce i pezzi, vorrei recensioni, prese di posizione, apologie controcorrente, discorsi fuori luogo, fotografie, consigli su quali dischi acquistare, citazioni di articoli di riviste, video casalinghi al limite della scrausità, diari di viaggio, domande aperte a chi ascolta e legge, interazioni e magari i famigerati giveaway dei demo. Vorrei leggere un blog di musica anche se di musica non capisco una sega, e appassionarmi alle evoluzioni di un gruppo che si sta disegnando poco a poco, vorrei interagire e dare consigli da ascoltatrice profana e magari se abito in un'altra città creare le condizioni per vederli suonare dal vivo. 
Non comprendo fino in fondo le ragioni di chi si lamenta dei programmi che producono cantanti già impacchettati per case discografiche ormai nel pallone. Trovo più costruttivo inventarsi nuovi mezzi per fare reality, se di questo, cioè di ostentata quotidianità, il pubblico ha bisogno. Trovo più costruttivo sfruttare i mezzi gratuiti che abbiamo a disposizione, alimentando la propria fantasia senza perversioni e cercando visibilità senza invadere gli altri e senza sparare teorie e aforismi.

Ecco il blog che vorrei diventasse così  durante questo duemiladodici: