Di recente mi è tornata l'ansia di sferruzzare. Era da molto che non lo facevo, un po' perché i miei viaggi in treno (uno dei luoghi dove più mi piace lavorare a maglia) erano diventati sempre più complicati: i vagoni che collegano Peyton alla capitale, dove lavoravo fino al giugno scorso, sono sempre sovraffollati e scomodissimi, non è possibile nemmeno tenere una busta con i gomitoli perché bisogna incastrare le gambe tra quelle di chi è seduto di fronte e condividere il bracciolo con chi è seduto accanto.
E poi io ero sempre carica di libri, quaderni e assurdità dato che i miei spostamenti lavorativi erano delle vere e proprie trasferte: quando dovevo sostituire una collega per una supplenza uscivo di casa prima delle sette di mattina e tornavo sicuramente dopo le otto di sera.
Ma da quando lavoro a Peyton tutto è più bello, anche stare sul divano senza cadaverizzarmi in un secondo ora è possibile e quindi ho deciso di trascorrere questi dieci giorni bresciani acquisendo nuove tecniche sferruzzatorie direttamente dalla mia fonte di sapere più significativa: la nonna Ninì.
Ecco qualche ispirazione davanti alla quale la nonna non ha espresso alcun parere.
Aggiungo per correttezza che la fonte di ispirazione del titolo è l'amata Introduzione di Verga ai Malavoglia, che da sempre credo sia un monito e un'assoluta verità:
Questo racconto è lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni le prime irrequietudini pel benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola, vissuta sino allora relativamente felice, la vaga bramosìa dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio.
fonte |
|
|
fonte |
Nessun commento:
Posta un commento